"L’attuale Presidente del Consiglio italiano è l’editor migliore del mondo. Grazie a lui ho imparato un sacco di cose, senza bisogno di andare alla scuola Holden. Grazie a lui negli ultimi anni ho imparato ad avere orrore delle frasi fatte, a espellere la bassa retorica dalla mia lingua, a soppesare scrupolosamente la verità di ogni sillaba. Grazie a lui ho sviluppato un’ossessione per i rapporti di causa-effetto, per la tenuta logica di ogni paragrafo che scrivo. Grazie a lui ho espulso il narcisismo che abitava nei miei primi testi, l’ho messo fuori dalla porta come un gatto puzzolente. Che lui lo sapesse o meno, e che il suo esempio agisse in realtà per contrasto, non conta poi tanto. Il Presidente mi ha insegnato tutto quel che serviva, e lo ha fatto gratis! Bastava osservarlo e fare tutto il contrario.
…ma in realtà, disse una sera un amico esasperato durante una cena a base di cibo vegano e nichilismo politico, siete davvero convinti che, qualunque cosa sia successa negli ultimi anni, sia stata tutta colpa sua?
Decisamente no. Io scossi la testa. Ho sempre pensato a Berlusconi come a un problema linguistico, e il problema linguistico oggi è di tutti. Anche dell’Europa che ride tanto di noi.
Il problema linguistico occidentale è quello di una vita sempre più flessibile, multipla, frammentata, una vita-collage di identità provvisorie cui corrispondono, per mancanza di tempo e risorse, esperienze sempre più standard. Lungi dal portare a una comprensione dell’esistenza più estesa e profonda, la moltiplicazione delle identità (dai mille lavori che uno fa per sopravvivere, agli ambienti sociali più vari e disgregati che ci si trova a frequentare) porta a esperienze sempre più brevi, standardizzate, fatte di contatti superficiali e frasi fatte. Una vita composta di frammenti precotti. Di parole innocue, di frasi da montare e smontare senza dolore come un mobile dell’Ikea."
Marco Mancassola, La lingua italiana dopo Silvio Berlusconi
Il sito di Marco Mancassola : http://www.marcomancassola.com/
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